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TOGLIETEMI TUTTO, MA NON L'ACQUA
Ciò che ha reso la Terra un pianeta pullulante di vita è l'acqua. Una felice combinazione di eventi ha fatto sì che il globo terrestre si coprisse per oltre due terzi del prezioso liquido, e che questo zampillasse in milioni di sorgenti sulla sua crosta, offrendo alla vita opportunità sconosciute su altri pianeti. La disponibilità e le caratteristiche fisiche e chimiche dell'acqua hanno permesso alle prime cellule di organizzarsi, svilupparsi ed evolvere, e alla vita di esplodere in un'incredibile varietà di forme che dal batterio alla balenottera, dall'alga alla sequoia hanno un unico denominatore comune: non potrebbero sopravvivere in assenza di acqua. L'ossigeno non è così fondamentale, molti organismi lo fuggono come il peggior veleno, ma l'acqua no, tutti la cercano, e nessuno può farne a meno. Solvente irrinunciabile, è nell'acqua e grazie all'acqua che avvengono le reazioni e gli scambi all'interno di un organismo vivente. E' in soluzioni ricche di questo prezioso liquido che avviene la digestione, lo scambio di ossigeno e anidride carbonica, la trasmissione degli stimoli nervosi. E' l'acqua che mantiene il turgore delle cellule, che idrata il corpo e permette agli animali di sopportare la fatica. Per diversi giorni l'acqua può sostituire il cibo, raro è l'evento opposto. Lo stimolo della sete è dunque un fondamentale campanello preteso dall'evoluzione affinché mai a un animale manchi la possibilità di dissetarsi. Attorno a questa necessità, la natura si è come sempre esibita in un carosello di adattamenti, strutturali e comportamentali, mirati a raggiungere il vitale obiettivo di un sorso d'acqua ristoratore. Ovviamente le soluzioni sono estremamente varie, dipendendo non solo dall'animale direttamente coinvolto ma anche, se non soprattutto, dalla differente disponibilità d'acqua in tempi e luoghi diversi.
In realtà chi ha rinunciato a bere c'è. Sono i tarli del legno, fastidiosissimi consumatori della polpa del legno, che vista la dieta obbligata e l'impossibilità di procurarsi l'acqua, si accontentano di quella che ricavano dalla digestione dei nostri mobili. Ma sono le rarissime e onnipresenti eccezioni della natura.
Sovente la dieta permette di ridurre il consumo di acqua fresca semplicemente perché ne sono ricchi i cibi di cui l'animale si nutre. Chi può permettersi di consumare molta frutta, può ridurre il bere, ed è quanto capita agli animali che vivono nelle foreste tropicali ed equatoriali, siano scimmie o pappagalli, dove l'acqua impregna l'aria e il suolo. Alcuni addirittura hanno frainteso il senso del bere, e quotidianamente alzano il gomito scolandosi l'equivalente di svariati bicchieri di vino. E' il caso della tupaia dalla coda piumata, piccolo mammifero diffuso nel sud-est asiatico, in grado di bere, ma soprattutto di reggere, il nettare alcolico prodotto da una palma locale.
Ben diverso è lo scenario per chi vive dove l'acqua è poco più di un miraggio, e ha dovuto imparare a produrre poca e concentratissima urina e a ridurre la traspirazione, per poter bere il meno possibile, vista l'estrema scarsità del prezioso liquido. Grazie a una serie di raffinati adattamenti che permettono di limitare al minimo il bisogno e il dispendio di acqua, il dromedario riesce per quasi dieci giorni a non sentire la sete, mentre sensi particolarmente dotati lo mettono in grado di individuare fonti d'acqua sotterranee, rendendolo così un insostituibile aiuto anche per gli uomini che a lui si accompagnano. A strategie analoghe ricorrono cammelli e volpi del deserto, e tutti quegli animali adattati a vivere nelle lande più desolate e aride del pianeta.
Vivere immersi nell'acqua non affranca dal bere. Insospettabili consumatori d'acqua sono infatti i pesci di mare, che nonostante una vita sempre a mollo non possono rinunciare ad assumere il prezioso liquido per mantenersi in equilibrio osmotico con l'ambiente esterno. La concentrazione salina dell'acqua contenuta nel loro corpo è infatti minore di quella dell'acqua di mare, e questo li porta per il meccanismo dell'osmosi a perdere in abbondanza e in continuazione acqua attraverso le branchie. Per evitare la disidratazione devono quindi bere molto e, analogamente agli abitatori del deserto, produrre urina molto concentrata per eliminare i sali in eccesso. Fanno eccezione gli squali e le razze che, mantenendo una concentrazione salina al loro interno praticamente uguale a quella del mare, non hanno bisogno di assumere liquidi. Meno problemi hanno pure i pesci d'acqua dolce che, assorbendo per osmosi e quindi senza fatica acqua dalle branchie, possono permettersi di bere pochissimo. Chi come il salmone nuota sia in mare che nei fiumi è stato dotato dall'evoluzione della capacità di alternare i due meccanismi, a seconda che nuoti libero nell'oceano o risalga torrenti impetuosi. I serpenti di mare invece, per disfarsi dei sali in eccesso devono bere acqua dolce, e questo spiega la loro distribuzione presso le foci dei fiumi tropicali.
Bere un sorso d'acqua. Nella savana africana, dove acqua e siccità si alternano implacabili, un gesto per noi tanto banale è sovente accompagnato da comportamenti mirati a garantire la sopravvivenza, perché se è vero che bere permette di vivere, è altrettanto vero che il richiamo dell'acqua è sfruttato dai predatori per avventarsi sulle prede. Carnefici e vittime ricercano quindi quotidianamente soluzioni per raggiungere l'acqua in sicurezza. Antilopi e bufali, gazzelle e facoceri, - potenziali prede - si accostano all'acqua guardinghi, a volte di notte, in genere in branchi, per diluire nel mucchio il rischio di essere predati. In modo analogo i grandi carnivori si avvicinano silenziosi all'acqua, per cogliere di sorpresa chi per placare la sete ha momentaneamente allentato le proprie difese. L'Africa, ineguagliabile banco di prova dell'evoluzione, offre anche numerosi esempi di adattamenti morfologici evolutisi in conseguenza della sete. L'elefante grazie alla stazza solo di rado è considerato una preda appetibile, e soltanto quando la fame diventa insopportabile iene e leoni osano attaccarlo. Se le dimensioni lo difendono dagli attacchi dei predatori, gli complicherebbero però la vita al momento di bere, soprattutto in mancanza di uno specchio d'acqua sufficientemente grande e profondo da permettergli di mettere a mollo il voluminoso corpo. L'evoluzione ha risolto il problema con la proboscide, bizzarra struttura nata dalla fusione del naso con il labbro superiore, indispensabile per aspirare l'acqua e magari spruzzarsela addosso per una doccia refrigerante. Alla giraffa, invece, collo e zampe oltre misura permettono di convivere e non competere con i molti altri erbivori che pascolano nella savana, sfruttando la nicchia ecologica costituita dalle chiome degli alberi, ma la costringono a una buffa postura al momento di bere, quando è costretta a divaricare le zampe per poter lambire l'acqua con la spessa lingua, posizione per altro estremamente vulnerabile a un attacco da parte di predatori.
Più semplice è la vita alle nostre latitudini. Una minore presenza di grossi predatori, ma soprattutto l'abbondanza di acqua, sotto forma di pioggia, neve, torrenti, laghi o fiumi, rendono meno snervante e impellente la necessità di soddisfare la sete per lepri, ricci, scoiattoli e tanti altri animali dei boschi, aiutati anche dall'abbondante umidità che riduce l'arsura e permette di trovar ristoro pure nella rugiada e nell'acqua che ristagna sotto le foglie cadute. Pascoli umidi e frutta abbondante forniscono un ulteriore contributo, e così l'acqua oltre che refrigerio diventa punto d'incontro, per conoscersi e riprodursi, e l'atto del bere, indiscutibilmente necessario, diventa gioco, abilità e destrezza, per chi trova riparo e ristoro lungo i nostri corsi d'acqua, come testimoniano aironi e germani, sterne e garzette, che nidificano presso le rive e i delta dei fiumi. Il vero pericolo siamo noi uomini, non solo il cacciatore che, novello lupo, si apposta lungo lo stagno in attesa di una preda, ma tutti coloro che incoscienti e ignoranti sprecano e inquinano, impoverendo e avvelenando corsi d'acqua e falde acquifere.
Il greco Ippocrate nel V secolo a.C. diceva bevono acqua gli animali e gli uomini selvaggi, mentre quelli civili si dissetano con il vino. Purché non si privino gli animali e i saggi di una sana sorsata d'acqua.
Claudia Bordese
pubblicato su Piemonte Parchi n. 188, agosto/settembre 2009, pagg. 25-27