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NON PER GUSTO, MA PER FAME
Soddisfare lo stomaco è un’esigenza primaria.
Tutti gli animali hanno bisogno per vivere di assumere dall’esterno materia ed energia. Gli erbivori fanno affidamento sulle piante, per tutti gli altri la caccia è aperta. In realtà non è sempre così. L’incontro casuale tra due animali può avere esiti differenti. Possono amabilmente ignorarsi, o competere per le risorse. Possono collaborare, o possono l’uno sfruttare l’altro, parassitandolo ma non uccidendolo. Oppure, un animale può predarne un altro, in un incontro rapido e più o meno violento che si conclude sempre con la morte della preda. Non è un atto crudele, nessun animale uccide per il gusto di farlo, ma solo per sfamare se stesso o la propria prole.
Per i predatori la scelta alimentare è molto vasta. Sulle montagne volpi e linci cacciano i caprioli, nei fiumi lontre e aironi si cibano di pesci, nei mari le balene si abbuffano di plancton, mentre libellule, rane, camaleonti e formichieri predano insetti. Che siano carnivori, piscivori, insettivori, planctivori, i predatori sono un importante strumento di controllo degli ecosistemi. Immaginate un pascolo della cui erba si cibano alcune popolazioni di cavallette, ghiotto boccone per le rane dei vicini ruscelli, a loro volta predate dalle bisce che silenziose si muovono tra l’erba, tentando di mimetizzarsi agli attacchi di una coppia di aquile, che maestosa sovrasta il pascolo. La pressione dei predatori e la disponibilità delle prede mantengono l’ecosistema in equilibrio. Ma basta un soffio. Una malattia improvvisa o un bracconiere senza scrupoli uccidono la coppia di rapaci. Le bisce non più predate aumentano a dismisura, decimando la popolazione di rane. Diminuite queste, le cavallette prolificano incontrollate razziando voracemente l’erba del pascolo. In breve sarà terra arida, invasa da serpenti e cavallette. È un esempio estremo, che rende comunque l’idea dei delicati equilibri gestiti dalla presenza dei predatori. Ma non solo. Nella storia evolutiva della vita, il rapporto preda-predatore è stato un fondamentale strumento per selezionare le strutture e i comportamenti più adatti per sopravvivere. Arti e apparati boccali sono stati profondamente modificati. Compaiono muscolature e ossature potenti, artigli per dilaniare, zanne per sbranare, becchi per smembrare, rostri per forare, chele per spaccare; ma anche morbidi cuscinetti e ali aerodinamiche per piombare in silenzio sulla preda. Le dimensioni non significano nulla, e tanto meno l’aspetto. Se è vero che l’aria minacciosa di un grifone lo identifica immediatamente come predatore, difficilmente riconoscereste in una simpatica coccinella un vorace divoratore di insetti e acari, capace di cacciare oltre cento afidi in un giorno. Anche la mole imponente non è per forza sinonimo di predatore. Lo dimostra l’elefante, erbivoro maestoso, e lo confermano i ragni, piccoli ma temibilissimi predatori. Alle otto zampe associano i pedipalpi, con i quali afferrano e immobilizzano la preda, e i cheliceri, con cui iniettano veleno nella vittima predestinata. Al tutto aggiungono elaborate tele, tessute con un filo tanto trasparente quanto resistente che imbriglia le prede, in genere mosche, zanzare e altri insetti alati.
Più volte la storia lo ha dimostrato. Non basta avere in dotazione le armi più potenti per vincere la guerra. Ciò che veramente serve è la giusta strategia con cui affrontare ogni giorno la battaglia per la vita. Un predatore deve avvicinare la preda, impedirne la fuga, superarne i sistemi di protezione e difesa, e perché il gioco valga la candela, deve farlo spendendo meno energia possibile. I territori di caccia sono dimensionati in base al tempo necessario per pattugliarli, e sovente agire in gruppo è la soluzione ottimale. Molti preferiscono cacciare in branco, aiutati dal numero nell’accerchiare e catturare la preda. Cacciano in branco i lupi, le iene, le leonesse, così come le orche e molti pesci marini. Agire in gruppo difende il predatore anche dal cleptoparassitismo, ovvero dal furto di cibo da parte di animali opportunisti, che attendono l’uccisione di una preda per avvicinarsi e sottrarre un boccone immeritato. Ma se a difendere il pasto conquistato si è in molti, difficilmente lo scroccone osa avvicinarsi. La caccia in branco è comunque vantaggiosa solo se la preda è sufficientemente grande o numerosa da sfamare tutti i partecipanti, altrimenti rischia di innescare una lotta cruenta per la spartizione delle spoglie, e a quel punto diventa più efficace cacciare da soli. Alcuni predatori hanno scelto di agire nascosti dal buio della notte, grazie a sensi incredibilmente potenziati come la vista di gufi, civette e altri rapaci notturni, o lo straordinario udito dei pipistrelli. E chi non ha dalla propria la potenza di muscoli e artigli o i sensi di un super eroe, gioca d’ingegno. Certi pesci attirano le prede agitando nell’acqua peduncoli luminosi, mentre alcune scimmie utilizzano rudimentali strumenti, in genere bastoncini, per estrarre ghiotti e grassi insetti dalle loro tane. Un’accurata valutazione di costi e benefici aiuta nella caccia il granchio comune, predatore di cozze. Tra gli scogli si imbatte in piccoli mitili dalle valve fragili e sottili, in grosse cozze dalle valve spesse e robuste, e in cozze di dimensioni medie. È su queste ultime che si concentrano le chele di questo goffo Riccioli D’Oro, per ottenere un pasto sufficientemente ricco senza un eccessivo dispendio energetico per forzarne il guscio.
Se è vero che non tutti gli animali sono predatori, è certo però che tutti, almeno in un breve momento della loro vita, sono potenziali prede. Un cucciolo di balena fa gola agli squali, e un leone malato, appesantito dagli anni, è facile preda per gli altri carnivori della savana. Evitare di essere mangiati è uno dei comportamenti prioritari per un animale, tanto che tutte le specie hanno evoluto adattamenti anti predatori. Solo la necessità di riprodursi può rendere un animale incoscientemente noncurante del rischio. I maschi del gallo cedrone per attirare le femmine si esibiscono in una spettacolare parata, accompagnando la danza con un canto potente, nel quale concentrano tanta energia da diventare momentaneamente ciechi e sordi e quindi facili vittime di un predatore in agguato. Le femmine dal conto loro, una volta deposte le uova nel terreno, non esitano ad attirare su di loro, e lontano dal nido, l’attenzione di un predatore, simulando l’andatura di un animale ferito.
La strategia più gettonata per sfuggire a un predatore è nascondersi, grazie al mimetismo e all’immobilizzazione. Con la tanatosi si arriva a simulare la rigidità della morte, per trarre in inganno il predatore, che cerca carne fresca e disdegna le carogne. In realtà questi stratagemmi sono utilizzati tanto dalle prede quanto dai predatori. La lepre artica si veste di bianco in inverno per sfuggire ai rapaci, il camaleonte si mimetizza per colpire non visto le sue piccole prede, l’opossum si finge morto per depistare il predatore, mentre la volpe simula il rigor mortis per ghermire il primo incauto che si avvicina. Alcune rane e molti insetti, prede potenziali, si sono armate di veleno e di colorazioni vistose, per non nascondersi ma segnalare al predatore la loro pericolosità, imitate da altre rane e altri insetti che mimano i colori appariscenti pur essendo privi di veleno.
Per chi vive e pascola negli spazi aperti la fuga è la soluzione migliore. La pressione selettiva esercitata dai carnivori della savana africana ha portato alle incredibili velocità raggiunte in fuga da gazzelle e antilopi. D’altronde la necessità è stringente. Quando un leone insegue una gazzella, questa si gioca la vita, il leone soltanto un pasto. Chi può permetterselo combatte. Elefanti, bufali, e grossi ungulati non sono prede semplici, e sfuggono con facilità ai predatori grazie alla stazza e alla disponibilità a ingaggiare la lotta per difendere se stessi e soprattutto i piccoli.
La condizione fisica che aiuta prede e predatori nel momento dell’incontro fatale è lo stress, ovvero la risposta dell’organismo all’attimo che mette a rischio la vita propria o dei propri cari. Il cuore accelera il battito, i sensi sono all’erta, l’adrenalina è in circolo, tutto il corpo è pronto alla reazione, di fuga o di lotta, per portare a casa la pelle. Noi esseri umani, viziati dal benessere e dalla posizione dominante in tutte le catene alimentari, abbiamo oggi enormemente abbassato la soglia di allarme, manifestando i sintomi dello stress anche per un cellulare smarrito, una scadenza imminente, un appuntamento mancato. Stiamo attenti, siamo ormai predatori impauriti, troppo facili prede.
Claudia Bordese
pubblicato su Piemonte Parchi n. 182, gennaio-febbraio 2009, pagg. 6-8